LE NUONE INSULINE “INTELLIGENTI”
Sebbene l’ormone insulina, fin dalla sua scoperta da parte di Banting e Best (premi Nobel nel 1923), abbia salvato milioni di vite umane di pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1 (insulino-dipendente), questa molecola, iniettata giornalmente anche più volte, in sedi comunque lontane da quella naturale, che in condizioni normali è il pancreas endocrino, non riproduce le secrezione fisiologica dell’ormone, in base alle fluttuazioni della glicemia.
Ciò comporta un impreciso controllo metabolico ed il rischio di ipoglicemie, se la dose di insulina iniettata supera le effettive necessità metaboliche, soprattutto per le preparazioni insuliniche ad effetto ritardato.
Un passo verso una gestione più sicura ed efficace dello scompenso glicemico del diabete è stato compiuto dall’azienda farmaceutica danese Novo Nordisk. I suoi ricercatori hanno sviluppato un’insulina “intelligente” in grado di attivarsi solo in presenza di livelli elevati di glucosio nel sangue.
L’idea di creare un farmaco sensibile ai livelli di zucchero risale agli anni Settanta. Esistono per esempio dei sistemi che rilasciano insulina da impianti sottocutanei in risposta all’aumento della glicemia, ma una volta immesso nel circolo sanguigno, l’ormone non è più sensibile a nuovi cambiamenti nella concentrazione di zucchero.
Una strategia più efficace e reversibile consiste, invece, nell’equipaggiare la molecola stessa dell’insulina con un interruttore on/off sensibile alle variazioni di glucosio. I primi interruttori, composti da molecole derivate dall’acido borico, erano però sensibili a un altro zucchero, il fruttosio.
Per creare un interruttore più efficace, i ricercatori hanno collegato alla molecola una struttura a forma di anello che si lega al glucosio con affinità e specificità elevate, un “macrociclo”, e un’altra componente, un glucoside, che permette all’insulina di reagire ai cambiamenti nei livelli di zucchero nel sangue.
COME FUNZIONA L’INTERRUTTORE
Quando la quantità di zucchero nel sangue è bassa, il macrociclosi lega al glucoside e mantiene l’insulina in una conformazione “chiusa”. In questo stato, l’insulina è meno attiva perché la sua forma cambia leggermente, rendendo più difficile il legame con i recettori nelle cellule. Quando lo zucchero nel sangue aumenta, il glucosio si lega al macrociclo prendendo il posto del glucoside e l’insulina passa da una conformazione chiusa a una “aperta”, che le permette di legarsi ai recettori cellulari e abbassare la glicemia.
Questo meccanismo fa in modo che l’insulina sia attiva solo quando serve davvero, riducendo il rischio di effetti collaterali come l’ipoglicemia.
La nuova molecola, chiamata NNC2215, ha dimostrato di aumentare la sua attività con l’aumento del glucosio. Lo studio ha mostrato che quando il glucosio sale da 0 a 20 mM, NNC2215 aumenta di 12,5 volte la sua capacità di legarsi al recettore insulinico. L’incremento è invece di 3,2 volte quando il glucosio sale da 3 a 20mM, che è stato scelto appositamente come intervallo perché rappresenta bene la situazione dei pazienti con il diabete.
Nei test sui modelli animali, è stato dimostrato che NNC2215 è in grado di ridurre il rischio di ipoglicemia nei maiali e di migliorare il controllo del glucosio nei ratti diabetici durante i test di tolleranza al glucosio.
Nei prossimi mesi è sperabile la traslazione della nuova molecola ai pazienti.