La ricerca sulle cellule staminali umane per la cura radicale del diabete mellito di tipo 1 (T1D) procede alacremente, come è emerso dal recentissimo Summit mondiale tenutosi alla Harvard University di Boston, USA, (titolo “Stem cell-derived islets”) lo scorso 28-29 Ottobre, a cui ha partecipato anche il nostro gruppo della Fondazione per la Ricerca sul Diabete ETS.
In effetti, data la scarsità dei donatori di pancreas umani, da cui vengono estratte le insule di Langerhans, contenenti le cellule Beta a cui spetta il compito di produrre e secernere insulina, le cellule staminali umane, di cui esistono diverse categorie, potrebbero rappresentare una sorgente inesauribile di cellule in grado di fornire l’insulina necessaria al mantenimento della glicemia in un range di normalità nei soggetti con diabete mellito di tipo 1 (T1D) e di una parte di coloro che soffrono di diabete mellito di tipo 2 (T2D). Come è noto le cellule staminali pluripotenti (PSC) danno origine a tutti i 200 tipi di cellule differenziate, cioè abilitate a svolgere una data funzione, presenti nell’organismo umano. Originalmente le PSC sono situate nella massa cellulare interna della blastocisti, una delle più precoci strutture dell’embrione.
Proprio dall’embrione umano sono state separate le PSC per indurle a differenziarsi verso le cellule Beta in grado di produrre insulina. Da ricordare tuttavia che le cellule embrionali umane sono soggette ad importanti vincoli etici che ne impediscono l’uso in molti Paesi come il nostro, con selezionate e specifiche eccezioni. Negli USA dove è possibile impiegare le PSC a scopo terapeutico nell’uomo, la Vertex Inc. Azienda multinazionale biofarmaceutica con sede a Boston, ha comunicato i risultati relativi al trapianto di PSC umane in pazienti con T1D di lunga data sottoposti ad immunosoppressione farmacologica per evitare il rigetto immunitario.
Sui 16 pazienti finora trattati, 4 hanno dimostrato una risposta efficace, anche se diluita nel tempo (270 giorni dal trapianto) con un progressivo calo della terapia insulinica in atto, fino alla totale sospensione del farmaco, in condizioni di normoglicemia dei pazienti. Senz’altro un risultato importante, una prova di fattibilità, sebbene in un contesto di luci ed ombre. Queste ultime riguardano, allo stato dei fatti, anzitutto la necessità di sottoporre i pazienti trattati ad immunosoppressione farmacologica anti-rigetto, notoriamente non esente da effetti collaterali anche seri. Poi c’è il problema etico relativo all’uso di embrioni umani che, come sopra accennato, non è accettabile in gran parte dei Paesi occidentali. Infine ultimo ma non ultimo il problema dei costi di produzione delle PSC. Questo “impasse” potrebbe essere aggirato dall’impiego delle cellule umane indotte alla pluripotenza, con interventi di ingegneria genetica, o dall’uso di altre cellule staminali come le cellule mesenchimali, peraltro disponibili da tempo anche nel nostro Laboratorio. Si tratta comunque di approcci che richiederanno un’attenta analisi di fattibilità, in termini di applicazione umana. C’è poi il problema dei costi. La Vertex Inc. ha comunicato giorni fa a Boston che per eseguire questo trial clinico peraltro in corso d’opera, ha speso 1 miliardo di dollari. Costi davvero ingenti, non certo alla portata dei sistemi sanitari nazionali.
Al di là del fatto che per evitare l’immunosoppressione farmacologica dei riceventi occorre pensare a sistemi di immunoprotezione delle PSC (es. microcapsule, dispositivi di varia morfologia da noi usati per primi con le insule pancreatiche umane), occorre pensare a sistemi di cooperazione tra industria farmaceutica, sistemi sanitari e laboratori di ricerca per ridurre i costi di produzione delle PSC e cercare di facilitarne l’applicazione clinica nel prossimo futuro. Quindi in sintesi un “work in progress”, ma va sottolineato che la ricerca scientifica ai giorni nostri, ormai globale nei laboratori di tutto il mondo, raggiunge in un anno gli obiettivi che fino a non molto tempo fa si ottenevano in 10 anni.