CERBERUS: LA PRIMA BIOPRINTER MULTI-ESTRUSORE REALIZZATA ALL’UNIVERSITÀ DI PERUGIA
Il bioprinting è una tecnologia di ultima generazione dove materiali altamente ingegnerizzati e contenenti cellule vive vengono depositati per strati da un sistema dedicato, chiamato bioprinter, al fine di formare vere e proprie repliche di tessuti biologici, ed in futuro interi organi.
Grazie al supporto della Fondazione Ricerca per il Diabete e della Associazione Italiana Lions per il Diabete, un gruppo multidisciplinare interamente targato Università di Perugia, che vede la collaborazione del Laboratorio di Trapianti Cellulari Endocrini ed Organi Bioibridi, del Laboratorio di Smart Manufacturing, del Gruppo di Fisica Tecnica Ambientale e del Laboratorio di Chimica del Suolo, ha progettato e sviluppato Cerberus, una bioprinter di ultima generazione dedicata alla ricerca nella medicina rigenerativa. Cerberus è la prima bioprinter sviluppata interamente all’Università di Perugia e la prima a fornire un innovativo sistema di deposizione a tre teste di estrusione, per permettere la ricerca sulla generazione di tessuti biologici complessi e multimateriale.
La storia
Il bioprinting nasce come specializzazione della manifattura additiva, una famiglia di processi di produzione basati sulla deposizione “a strati” di materiale, nota anche come stampa 3D. La manifattura additiva, nata all’inizio degli anni ottanta, ha trovato applicazione in diversi campi, risultando particolarmente promettente nei settori dell’aeronautica, dell’automotive e nel settore biomedicale. Le potenzialità della manifattura additiva nel settore biomedicale sono state evidenti fin dalla sua nascita, al punto che già nel 1988 sono stati effettuati i primi esperimenti impiegando tecnologie additive con materiali contenenti cellule, portando alla nascita del bioprinting, che di fatto è la stampa 3D di materiali contenenti cellule vive.
L’importanza del bioprinting è riconosciuta a livello mondiale e la ricerca sul tema sta subendo una crescita esponenziale: se nel 2010 articoli scientifici e review sul tema non superavano le 300 pubblicazioni per anno, nel 2020 si è arrivati ad un numero superiore a 2400. Il motivo di tale interesse risiede nel nuovo approccio che esso propone per la medicina personalizzata e rigenerativa, per il trapianto di organi e come mezzo per lo studio di nuovi medicinali. Tra le applicazioni più promettenti troviamo ad esempio la fabbricazione di scaffold per facilitare la riparazione di tessuti attraverso la creazione di ambienti favorevoli allo sviluppo ed alla sopravvivenza delle cellule.
Inoltre, con l’idea di fabbricare non solo tessuti ma interi organi, il bioprinting si presenta come possibile soluzione per i problemi legati al trapianto: sviluppare organi tramite stampa 3D permetterebbe di ridurre le lunghe liste di attesa ed il rischio di incompatibilità post-trapianto. Risulta quindi evidente come il bioprinting abbia il potenziale per portare una vera e propria rivoluzione nel campo medico, che in parte è già iniziata.
Il progetto
Le attività di ricerca legate al bioprinting sono caratterizzate da una forte componente interdisciplinare che vede coinvolti lo studio delle applicazioni nell’ambito biomedicale, lo studio dei materiali e la conoscenza e l’ottimizzazione di processi e dei sistemi tecnologici per la stampa 3D. Data la necessità di conoscenze e competenze eterogenee per lavorare su processi di bioprinting, è nata la collaborazione fra quattro gruppi di ricerca, afferenti a tre dipartimenti: il Dipartimento di Medicina, il Dipartimento di Ingegneria ed il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia.
L’attività congiunta vede nello specifico il coinvolgimento di personale del Laboratorio di Trapianti Cellulari Endocrini ed Organi Bioibridi (responsabile Prof. Riccardo Calafiore), dello Smart Manufacturing Laboratory (responsabile Prof. Nicola Senin), del gruppo di ricerca di Fisica Tecnica Ambientale (responsabile Prof. Federico Rossi), e del Laboratorio di Chimica del Suolo, ha portato alla nascita di Cerberus, la prima bioprinter multi-estrusore interamente progettata e realizzata presso l’Università degli Studi di Perugia.
Cerberus: la prima bioprinter a tre teste di estrusione, progettata e realizzata interamente presso l’Università degli Studi di Perugia.
Dal punto di vista tecnico, Cerberus è basata su tecnologia MEX (material extrusion): due teste di deposizione sono equipaggiate con siringhe specializzate accoppiate ad un ago. Le siringhe sono azionate direttamente dalla bioprinter, che è in grado di depositare materiale (ad esempio idrogel) contenente cellule vive (materiali noti come “bioink”), seguendo percorsi a pattern orizzontale, al fine di realizzare geometrie stratificate di materiale biologico. In Cerberus, una terza testa montata in posizione centrale permette l’ulteriore deposizione di materiali polimerici senza cellule, ottenuti dalla fusione di filamenti forniti in bobina.
Questa terza testa permette la realizzazione di infrastrutture di supporto comunque biocompatibili, utili come strutture di sostegno e riferimento (scaffold) per la deposizione delle cellule vive. Cerberus ha un’architettura modulare con tre assi di movimentazione perpendicolari (architettura Cartesiana) controllati da un computer ed equipaggiati con sensori di movimento e velocità, per permettere percorsi di deposizione accurati e ad alta risoluzione. Grazie alla natura intrinseca di Cerberus come stampante 3D, e grazie ad un sistema di controllo dedicato, anche questo interamente creato dal gruppo di lavoro, i futuri utenti di Cerberus potranno generare tessuti di qualsiasi geometria e microstruttura, purché nei limiti dimensionali imposti dall’area di lavoro della bioprinter.
La macchina è infatti in grado di leggere l’informazione geometrica a partire da file appositi forniti tramite un PC dedicato, e di riprodurre la geometria desiderata in maniera automatica, mediante deposizione stratificata di materiale usando le tre teste.
Dettaglio delle tre teste di fabbricazione di Cerberus. Le due teste laterali sono progettate per alloggiare siringhe specializzate all’estrusione di materiali contenenti cellule. La testa centrale è adibita all’estrusione di materiali polimerici biocompatibili, a partire da bobina.
Il futuro
Il primo prototipo completo di Cerberus, denominato Cerberus Mark 1 ha lasciato lo Smart Manufacturing Laboratory, dove è stato progettato, costruito e testato, per essere installato presso il Laboratorio di Trapianti Cellulari Endocrini ed Organi Bioibridi. Le prime attività di ricerca, sotto la supervisione del prof. Calafiore, saranno focalizzate sui tessuti epiteliali, con l’obiettivo di creare strutture stampate in 3D per il trattamento delle ulcere causate dal diabete. L’uso del bioprinting permetterà di realizzare medicazioni “su misura” per ogni paziente, utilizzando materiali e geometrie personalizzate. Grazie alla customizzazione, ogni paziente avrà una soluzione dedicata, che faciliterà la guarigione della lesione riducendo possibili complicazioni.
La ricerca non si ferma anche dal punto di vista tecnologico. Cerberus è stata progettata con la priorità di garantire modularità e di conseguenza intercambiabilità. Nel campo del bioprinting, dove le innovazioni tecnologiche si susseguono ad altissima frequenza, Cerberus fornisce la possibilità nativa di sostituire una qualsiasi delle tre teste al fine di sperimentare differenti tecnologie di deposizione. L’intera macchina è progettata come architettura aperta, così come il cervello artificiale che la controlla: nuove strategie di deposizione, o di monitoraggio del processo di fabbricazione, possono essere implementate e valutate con facilità. Tra le tematiche di notevole interesse ed attualità dal punto di vista tecnologico, la principale è l’analisi di come le cellule vive possono sopravvivere al processo di stampa 3D senza perdere la capacità di proliferare e di poter espletare le proprie funzioni una volta depositate nella geometria tissutale desiderata.
L’analisi di sopravvivenza cellulare richiede primariamente la capacità di studiare la temperatura del materiale durante la stampa, la vitalità e posizione delle cellule durante il processo, e le sollecitazioni meccaniche a cui le cellule sono sottoposte. Tutte attività previste per Cerberus, che è stata nativamente progettata per ospitare una grande quantità di soluzioni sensoriali e di misura.
Ringraziamenti
La principale manifestazione di gratitudine va alle organizzazioni che hanno reso questo progetto possibile: la Fondazione Ricerca per il Diabete e l’Associazione Lions Italia per il Diabete. Un grazie particolare ai principali progettisti e realizzatori di Cerberus, l’Ing. Arianna Rossi ed il Prof. Michele Moretti, dello Smart Manufacturing Laboratory del Dipartimento di Ingegneria.
Hanno contribuito in maniera fondamentale alle fasi di ideazione iniziale, raccolta delle informazioni bibliografiche e calibrazione del progetto nel corso di svolgimento in vista delle applicazioni: il Dott. Giuseppe Basta, la Dott.ssa Teresa Pescara (Laboratorio di Trapianti Cellulari Endocrini ed Organi Bioibridi), l’Ing. Alberto Gambelli (Laboratorio di Chimica del Suolo, Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale), il Prof. Federico Rossi (Gruppo di Fisica Tecnica Ambientale), ed il Prof. Nicola Senin (Smart Manufacturing Laboratory). Un grazie particolare al Prof. Riccardo Calafiore, ideatore e coordinatore dell’intero progetto.
1 l’insieme di tecnologie che consentono la realizzazione di oggetti tramite l’aggiunta progressiva di materiale
2 Santoni, S., Gugliandolo, S.G., Sponchioni, M. et al. 3D bioprinting: current status and trends—a guide to the literature and industrial practice. Bio-des. Manuf. 5, 14–42 (2022). https://doi.org/10.1007/s42242-021-00165-0